10 11 2023

La durata dell’assenza prevista dal CCNL prevale su quella legale

Com’era ovvio prevedere e come sottolineato da molti autori, il tema delle dimissioni per fatti concludenti ovvero riconducibili alla volontà di risoluzione del rapporto di lavoro da parte del lavoratore, in assenza del rispetto della modalità telematica prevista dall’art. 26, del Dlg. n. 151/2015 come unica forma di dimissioni efficaci, potrebbe produrre una mole di contenzioso  non indifferente e non uniforme.

La Legge n. 203/2024 (cd. collegato lavoro) ha previsto attraverso l’articolo 19 che qualora l’assenza ingiustificata del lavoratore si protragga oltre il termine previsto dal contratto collettivo o, in assenza di previsione contrattuale, per un periodo superiore a 15 giorni, il datore di lavoro può darne comunicazione alla sede competente per territorio dell’ispettorato nazionale del lavoro con la conseguenza di considerare il rapporto di lavoro risolto per volontà del lavoratore anche in assenza di dimissioni telematiche.

L’effetto risolutivo del rapporto di lavoro può essere evitato se il  lavoratore dimostra l’impossibilità di comunicare le ragioni giustificatrici dell’assenza per cause di forza maggiore o per fatti imputabili al datore di lavoro.

Sia il Ministero del Lavoro (circolare n. 6/2025 e Faq del 24 giugno 2025) che l’Ispettorato nazionale del Lavoro (nota n. 5257/2025) hanno costantemente ritenuto, in ossequio al principio generale secondo cui la contrattazione collettiva può derogare solo in modo migliorativo alla previsione legale, che il termine minimo da rispettare sia quello dei 15 giorni fatte salve disposizioni contrattuali collettive più favorevoli.

Sempre il Ministero del Lavoro ha fatto presente che le previsioni contrattuali riferite a periodi di assenza legittimanti la procedura di licenziamento disciplinare non possano trovare applicazione per la nuova e diversa fattispecie delineata dall’art. 19, delle Legge 203/2024 (dimissioni per fatti concludenti).

Una prima sentenza emanata dal Tribunale di Trento seguita dall’ancora più netta sentenza del Tribunale di Milano (n. 4953, del 29 ottobre 2025) hanno assunto posizioni diverse rispetto all’orientamento ministeriale, sostenendo che il criterio espresso dalla norma sia chiaramente alternativo nel prevedere la priorità del termine previsto in sede di contrattazione collettiva e la sopravvenienza di quello legale solo in assenza del precedente. 

I giudici del Tribunale di Milano hanno ritenuto, inoltre, che la previsione del contratto collettivo riferita all’assenza ingiustificata che legittima il licenziamento disciplinare possa essere “sic et simpliciter” utilizzata quale comportamento concludente tale da rendere esplicita la volontà del lavoratore di interrompere il rapporto di lavoro.

In buona sostanza la recentissima pronuncia del Tribunale milanese ha reputato che se il termine dell’assenza ingiustificata prevista dal contratto collettivo applicato per il licenziamento disciplinare è di tre giorni, lo stesso termine rileva anche per quanto concerne l’ipotesi di cui all”art. 19, della Legge 203/2024.

Fatta salva la possibilità che l’orientamento giurisprudenziale, eventualità peraltro richiamata dalla nota dell’INL n. 5257/2025, superi la tecnica normativa di integrazione tra legge e contrattazione collettiva  adottata dal legislatore  per la creazione della nuova fattispecie delle dimissioni per fatti concludenti, a oggi la precauzione appare d’obbligo soprattutto con riferimento all’affidabilità derogatoria del contratto collettivo di una norma entrata in vigore successivamente alla sottoscrizione del contratto stesso.

Lo Studio rimane a disposizione.

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