
Il tema delle dimissioni del lavoratore è da qualche tempo oggetto di attenzione da parte del legislatore, delle prassi amministrative e dei giudici del lavoro.
Le dimissioni costituiscono un atto unilaterale per la cui efficacia non è necessaria l’accettazione della parte (datore di lavoro) a cui sono destinate.
A far data dal 12 marzo 2016 l’unica modalità prevista per la comunicazione delle dimissioni è quella telematica ai sensi dell’articolo 26, del decreto legislativo 151/2015, fatte salve alcune eccezioni richiamate dalla legge (lavoratrice in gravidanza o nel corso dei primi tre anni di vita del bambino, intervenute in una delle sedi protette di cui all’art. 2113, del codice civile o alle commissioni di certificazione, nell’ambito del lavoro domestico e per i rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni).
Il Ministero del Lavoro con circolare n. 12/2016 ha ritenuto di escludere dalla procedura telematica anche le dimissioni comunicate nel corso del periodo di prova.
Al lavoratore è data facoltà di revocare le proprie dimissioni entro il termine perentorio di 7 giorni dalla trasmissione del modulo telematico che può essere fatta, oltre che direttamente dall’interessato munito di Spid attraverso il portale del Ministero del Lavoro “servizi.lavoro.gov.it”, anche per il tramite dei patronati, delle organizzazioni sindacali, degli enti bilaterali e delle commissioni di certificazione e dei consulenti del lavoro.
In epoca recente la Legge 203/204 (cd. Collegato lavoro) ha introdotto nell’ordinamento una nuova fattispecie di dimissioni denominata “dimissioni per fatti concludenti” (art. 19, Legge 203/2024) secondo cui qualora il lavoratore si assenti ingiustificatamente oltre i termini previsti dal contratto collettivo o in assenza di previsione contrattuale per un periodo superiore a 15 giorni, il datore di lavoro ne dà comunicazione alla sede territoriale dell’ispettorato del lavoro e il rapporto si considera concluso per volontà del lavoratore stesso anche in assenza del rispetto della procedura telematica, fatti salvi i casi in cui il lavoratore possa dimostrare l’impossibilità di comunicare i motivi dell’assenza per cause di forza maggiore o per circostanza imputabili al datore di lavoro.
Il Ministero del Lavoro con circolare n. 6/2025 e con successiva Faq pubblicato in data 24 giugno 2025 ha chiarito che qualora il CCNL applicato contenga un termine di assenza diverso da quello legale (15 giorni), lo stesso troverà applicazione solo se superiore a quello stabilito dalla legge in ossequio al principio generale secondo cui l’autonomia contrattuale ha facoltà di derogare alle disposizioni di legge solo se migliorative (in tal senso per il principio del “favor praestatoris” in ambito lavoristico prevale l’interpretazione di maggiore tutela per il lavoratore).
Secondo l’interpretazione ministeriale, inoltre, i termini contrattuali riferiti a un periodo di assenza ingiustificata legittimante il licenziamento disciplinare non possono essere tenuti in considerazione ai fini della risoluzione del rapporto di lavoro per dimissioni di fatto del dipendente.
Il datore di lavoro effettua la comunicazione all’ITL solo qualora, pertanto, intenda assegnare all’assenza ingiustificata del lavoratore l’effetto risolutivo del rapporto di lavoro.
Dalla suddetta comunicazione decorre il termine di 5 giorni (dies a quo non computatur in termino, dies ad quem computatur) per la trasmissione della comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro (Unilav) al centro per l’impiego.
Ora in materia di dimissioni è intervenuta la Corte di Cassazione con un’ordinanza (24911/2025) di peculiare rilievo sia per il suo contenuto specifico che per alcune considerazioni indirette.
In primo luogo, gli ermellini, così sono definiti i giudici della Cassazione in virtù del loro formale abbigliamento costituito da una toga con bordo di pelliccia in ermellino, riconoscono al lavoratore che si sia dimesso anche durante il periodo di prova la possibilità di revoca entro sette giorni dalla comunicazione delle dimissioni, così come previsto dall’art. 26, del Dlgs 151/2015 per le ordinarie dimissioni comunicate in forma telematica.
La Cassazione ha ritenuto che l’esenzione dal rispetto della forma telematica di comunicazione delle dimissioni nel corso del periodo di prova espressa dal Ministero del Lavoro nella circolare n. 12/2016, con conseguente inibizione della facoltà di revoca delle stesse da parte del lavoratore dimissionario, sia ipotesi priva di fondamento in virtù della sua previsione da parte di una circolare ministeriale e non a opera della norma di legge.
Di conseguenza la revoca delle dimissioni ricostituisce il rapporto di lavoro e la sentenza in commento assume valenza anche per la perentoria specificazione circa il ruolo delle circolari diffuse dalle pubbliche amministrazioni, da intendersi quali atti interni alle amministrazioni stesse, con efficacia nei confronti del proprio personale ma prive del valore di fonti di diritto o di produzione amministrativa vincolante l’interpretazione dei giudici.
Lo Studio resta a disposizione.
