09 07 2021

Sollecitati dalle molteplici richieste sull’argomento, dedichiamo la newsletter di questa settimana al TFR e più precisamente alla facoltà del datore di lavoro di liquidarlo periodicamente.

Alcune domande: si può anticipare il TFR al di fuori dei casi previsti dalla legge? È un limite il fatto che l’azienda sia obbligata a versare il TFR presso il Fondo di Tesoreria Inps? Si può ipotizzare l’erogazione delle anticipazioni del TFR con cadenza mensile in busta paga? 

Passiamo in rassegna normativa e giurisprudenza e rispondiamo a tali quesiti.

 

Normativa di riferimento del trattamento di fine rapporto

Il trattamento di fine rapporto (TFR) è un elemento retributivo differito che viene erogato in un momento successivo rispetto alla prestazione dell’attività lavorativa ed è costituito dagli accantonamenti effettuati annualmente e dalla rivalutazione periodica calcolata sul TFR già accantonato.  Proprio per questo motivo, al momento della sua erogazione (anche in caso di anticipazioni), non è soggetto a contribuzione previdenziale e tassazione ordinaria ma solamente a tassazione separata.

L’art. 2120 del Codice civile regolamenta tale istituto, il quale prevede che “in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto ad un trattamento di fine rapporto”. Il disposto normativo definisce il calcolo da effettuare per la quantificazione del TFR, prevedendo che la maturazione annua corrisponda circa alla retribuzione mensile lorda spettante al lavoratore, la quale va sommata alla rivalutazione del TFR già accantonato, calcolata applicando 1,5% in misura fissa e dal 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo accertato dall’Istat, rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente. Inoltre, prevede che la retribuzione da considerare per il calcolo sia comprensiva di tutte le somme corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è erogato a titolo di rimborso spese, salvo diversa previsione della contrattazione collettiva, che può prevedere una diversa modalità di imputazione delle voci retributive, migliorativa nei confronti dei dipendenti, rispetto alla legge. 

Il lavoratore, dal canto suo, può scegliere di mantenere il proprio trattamento di fine rapporto in azienda oppure, può decidere di versarlo presso un fondo di previdenza complementare.

I datori di lavoro che alla data del 31/12/2006 avevano un numero di dipendenti superiore a 50, sono tenuti ad accantonare e versare mensilmente il TFR dei dipendenti che hanno scelto il mantenimento in azienda, al Fondo di Tesoreria INPS. Lo stesso vale per le aziende costituite successivamente a tale data che, nell’anno di costituzione, possiedono una media di lavoratori superiore a 50.

 

Normativa di riferimento in materia di anticipazioni

L’art. 2120 citato, inoltre, dal comma 6 al comma 11, regolamenta l’istituto dell’anticipazione del TFR, cioè la possibilità da parte del lavoratore di ottenere in anticipo, rispetto alla cessazione del rapporto, le somme accantonate, o parte di esse.

Tale opportunità può essere concessa al lavoratore nel rispetto dei requisiti stabiliti per legge, in particolare, per coloro che abbiano almeno 8 anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro e per una quota non superiore al 70% del TFR maturato al momento della richiesta. È previsto anche che il datore di lavoro sia obbligato a soddisfare le richieste annualmente, entro i limiti del 10% degli aventi titolo e comunque del 4% del totale dei dipendenti.

Inoltre, la richiesta avanzata da parte del lavoratore dipendente deve essere giustificata dalla necessità di sostenere particolari tipologie di spese, che la legge individua in quelle sanitarie oppure in quelle necessarie per l’acquisto della prima casa, per sé o per i propri figli. Anche in questo ambito, la contrattazione collettiva può regolamentare ulteriori tipologie di spese per le quali l’impresa può concedere l’anticipazione sul TFR a favore del lavoratore dipendente. L’art. 2120 c.c., inoltre, dispone che l’anticipazione possa essere ottenuta dal lavoratore una sola volta nel corso del rapporto di lavoro.  Il comma 11, infine, nel disciplinare la possibilità di definire migliori condizioni attraverso contratti collettivi o patti individuali, prevede un’ampia autonomia di definizione delle anticipazioni, seppur con alcune limitazioni.

 

Le forme di anticipazione del TFR

È necessario sottolineare che il datore di lavoro non può erogare anticipazioni del TFR unilateralmente ma può farlo solo se il dipendente lo richiede espressamente (comma 6 dell’art. 2120 c.c.).

Ciò premesso, in applicazione del comma 11 già menzionato, il datore di lavoro può decidere di attenersi alla previsione di legge erogando le anticipazioni solo a coloro che rispettano tutti i requisiti previsti dalla normativa o dalla contrattazione collettiva, oppure può applicare regole di miglior favore per i dipendenti, prestando attenzione a non ledere i diritti individuali dei lavoratori ed evitando trattamenti discriminatori.  

Nel caso di un’azienda con un numero di lavoratori superiore a 50, per la quale vige l’obbligo di accantonare il TFR presso il Fondo di Tesoreria Inps, invece, la questione legata alle anticipazioni del TFR risulta essere meno pacifica. Il messaggio Inps n. 413 del 4 febbraio 2020, infatti, afferma che “il Fondo di Tesoreria è configurabile come una gestione di natura previdenziale e conseguentemente le quote di TFR versate al suddetto fondo soggiacciono al regime della indisponibilità, ferme restando le ipotesi di pagamento anticipato del TFR versato al Fondo di Tesoreria nei casi e nei limiti normativamente previsti (art. 2120 c.c. e art. 7 L. 53/2000)”.

Nonostante l’Inps sembri non ammettere anticipazioni del TFR al di fuori dei casi previsti dalla legge per le aziende obbligate al versamento del TFR presso il Fondo di Tesoreria, si ritiene possibile stipulare accordi collettivi aziendali, con la partecipazione delle parti sindacali, al fine di determinare deroghe precise riguardanti l’erogazione delle anticipazioni e regolamentando i criteri da adottare per la loro concessione, come peraltro accaduto durante il periodo emergenziale Covid-19.

Al di fuori di questa fattispecie, in assenza di provvedimenti specifici e rilevanti da parte della Giurisprudenza, per le anticipazioni del TFR versato al Fondo di Tesoreria risulta opportuno attenersi ai limiti imposti dall’art. 2120 c.c. e art. 7 L. 53/2000.

 

Anticipazione mensile del TFR in busta paga

Più controversa, invece, è la questione riguardante la possibilità di erogare il TFR mensilmente in busta paga a titolo di anticipazione. In questo caso, seppur in presenza di un accordo individuale tra le parti sulla base della previsione contenuta all’art. 2120, comma 11 c.c., l’erogazione delle anticipazioni su base mensile fa venir meno il concetto di retribuzione differita propria del TFR, che prevede la non applicazione della contribuzione previdenziale Inps e solamente l’assoggettamento a tassazione separata. Pertanto, il rischio legato all’erogazione mensile del TFR in busta paga, anche in fase ispettiva, è che le cifre erogate a tale scopo siano assoggettate a contribuzione previdenziale Inps e tassazione ordinaria, come qualsiasi altro elemento retributivo corrente.

La giurisprudenza si è già espressa in materia, prevedendo che “non è valida la pattuizione, individuale o collettiva, che disponga l’anticipazione mese per mese del trattamento di fine rapporto nella retribuzione corrente” (Cass. Sez. lav. N. 15813 del 11 novembre 2002). In questo provvedimento, viene sottolineato come la natura giuridica di ciascuna delle erogazioni del datore di lavoro vada accertata in base alla sua funzione obiettiva e alla concreta disciplina applicabile, a prescindere dalla qualificazione che viene attribuita dalle parti. Pertanto, in occasione di tale decisione, la Corte ha stabilito che le erogazioni dell’indennità di anzianità (oggi TFR) su base mensile, sotto il profilo causale, vadano considerate corrisposte “in dipendenza del rapporto di lavoro” quindi assoggettabili a contribuzione previdenziale e tassazione ordinaria.

E’ possibile avere una parziale conferma ricordando quanto avvenuto dal 2015 al 2018 con l’introduzione del Quir (Quota maturanda del trattamento di fine rapporto come parte integrativa della retribuzione), nuovo istituto sperimentale che ha previsto, per i lavoratori che lo hanno richiesto, l’erogazione mensile del TFR in busta paga. In tale circostanza, la normativa ha stabilito che le cifre erogate in tale modalità, seppur esenti da contribuzione previdenziale, fossero assoggettate solo a tassazione ordinaria come normale retribuzione.  Tale istituto non ha avuto un grande seguito e nel 2018, al termine del periodo di sperimentazione, è stato abrogato. 

In conclusione, è possibile affermare che, seppur il dibattito su questo tema sia ancora aperto, è bene che le richieste di anticipazione siano supportate da valide motivazioni e, soprattutto, che vengano concesse con frequenza almeno biennale.

 

TFR incidenza sui costi del personale

Allo stato attuale i tassi di rivalutazione del TFR sono elevati e ciò può comportare un incremento rilevante del costo del personale. Infatti, essendo la rivalutazione calcolata sul TFR già accantonato, per i dipendenti con un’elevata anzianità, il TFR subisce una maturazione mensile più elevata.

A tal proposito, abbiamo osservato il caso di un lavoratore dipendente con 31 anni di anzianità e con una retribuzione lorda di circa 2.000 euro al mese. Per tale dipendente matura un TFR annuo che corrisponde circa ad una mensilità più la rivalutazione che, calcolata su un TFR già accantonato pari a circa 65.000 €, corrisponde a circa 2.600 € annui. In questo caso, il TFR rappresenta un costo per l’azienda di circa 4.600 euro annui.

 

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