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Le norme che regolano il contratto di appalto trovano la loro disciplina nell’art. 1655 del Codice civile e nell’art. 29 del d.l. 276/2003, i quali prevedono, rispettivamente, che “L’appalto è il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro” e che “il contratto di appalto… si distingue dalla somministrazione di lavoro per la organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa”.

In virtù di tale disciplina l’appalto può essere considerato illecito in tutti quei casi in cui l’appaltatore (cioè, la parte che assume il compimento di un’opera o servizio) mette a disposizione la mera prestazione dei propri dipendenti; tale circostanza può configurare un’interposizione illecita di manodopera, per la quale possono realizzarsi gravi conseguenze per il committente.

La l. 56/2024, di conversione del d.l. 19/2024 in vigore dal 2 marzo u.s., introduce nuove sanzioni in caso di appalti illeciti, allo scopo di evitare che appalti “non genuini” possano realizzare dumping sul piano salariale e violazione dei diritti sulla sicurezza sul lavoro a scapito dei lavoratori impiegati nell’appalto.

Premesso che in caso di appalto illecito permane il regime di solidarietà tra committente e appaltatore (e subappaltatore) rispetto agli obblighi retributivi e contributivi, si segnala l’intervento di modifica effettuato in sede di conversione della l. 56/2024 dell’art. 29 già citato, attraverso il quale è stato previsto che “al personale impiegato nell’appalto e nel subappalto spetta un trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale o territoriale stipulato dalle parti sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale, applicato nel settore e per la zona, strettamente connessi con l’attività oggetto dell’appalto e del subappalto”.

Al di là della difficile comprensione ed interpretazione della norma, essa pone, a carico del committente, un’attenta verifica, sia preventiva che in costanza di contratto, sui trattamenti economici e contribuiti riservati ai dipendenti (si veda, in proposito, nostro approfondimento dell’8 marzo 2024).

Il committente, inoltre, deve accertarsi che siano rispettate le condizioni di lavoro e le misure di sicurezza sul lavoro applicate dall’appaltatore, risultando solidalmente responsabile anche sotto il profilo penale.

La novità più rilevante è la reintroduzione, per appalto della sanzione penale dell’arresto fino a un mese o dell’ammenda di euro 60 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione, sia a carico di chi fornisce la manodopera, sia a carico di chi la utilizza.

Viene previsto un aumento di pena per alcune specifiche circostanze, in particolare:

  • sfruttamento di minori (arresto fino a 18 mesi e ammenda fino ad un sestuplo);
  • la recidiva nei tre anni precedenti (aumento del 20%);
  • la finalità specifica di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo (somministrazione fraudolenta – arresto fino a 3 mesi e ammenda di 100 euro per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione).

Le pene pecuniarie proporzionali non potranno in ogni caso essere inferiori a 5.000 euro e superiori a 50.000 euro.

È necessario precisare che il rischio derivante dall’applicazione dell’appalto “non genuino” che può configurarsi nella fattispecie della somministrazione illecita di manodopera, espone il committente alla possibile pretesa di costituzione dei rapporti di lavoro subordinato da parte dei lavoratori originariamente assunti dall’appaltatore.

Per prevenire i rischi connessi all’appalto non genuino ed in violazione delle disposizioni richiamate, occorre quindi che il committente si affidi ad appaltatori corretti. Il committente è infatti pienamente responsabile rispetto alla selezione e individuazione di un appaltatore affidabile; ciò è possibile sia attraverso la verifica delle certificazioni già previste in tema di appalti, tra cui DURC e DURF sulla regolarità contributiva e fiscale, nonché tramite la consultazione dell’applicativo Mo.Coa introdotto nel 2022 dall’Inps (si veda, in proposito, approfondimento dell’11 febbraio 2022).

La riforma compiuta prevede inoltre l’istituzione in un nuovo strumento per la verifica dell’appaltatore; si tratta della “lista di conformità INL” nella quale l’ispettorato iscriverà gli appaltatori che, in seguito ad accertamenti ispettivi sull’appalto, anche con riferimento alla normativa in materia di sicurezza sul lavoro, superino i controlli senza contestazioni o sanzioni. In tal caso, all’impresa verrà rilasciato un certificato grazie al quale non sarà soggetta ad ulteriori controlli per i successivi 12 mesi.

Infine, allo scopo di rafforzare l’attività di contrasto al lavoro sommerso e di vigilanza in materia di sicurezza sul lavoro, viene riscritto l’art. 27 del d.lgs. 81/2008, che introduce il meccanismo della “patente a punti”, che sarà applicata dal 1° ottobre 2024, con l’obiettivo di implementare un sistema moderno di classificazione per le imprese che operano in cantieri mobili o temporanei, nei quali si svolgono attività edili o di ingegneria civile.

Lo studio rimane a disposizione per qualsiasi eventuale chiarimento

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