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In materia di appalti, viene in rilievo la recente normativa introdotta con il Decreto-legge del 2 marzo 2024, n° 19, recante “Disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”, con il quale il Governo ha introdotto alcune novità in materia di lavoro per prevenire e contrastare il lavoro irregolare, al fine di tutelare i lavoratori impiegati nell’esternalizzazione.

Il D.L. modifica l’art. 29 del D.lgs. 276/2003 introducendo il comma 1bis, secondo cui, al personale impiegato nell’appalto di opere o servizi e nell’eventuale subappalto, deve essere riconosciuto un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dai CCNL applicati nel settore e per la zona il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto. Il principio a tutela del lavoratore è quindi quello della garanzia retributiva, che prevede una retribuzione non inferiore a quella prevista dai CCNL di riferimento.

Per come la norma è stata concepita risulta difficile dare interpretazione al concetto di “settore” e ”zona”, e nemmeno la recente nota INL del 31 marzo 2024 ha risolto i dubbi interpretativi sollevati.

Ci si chiede se, per definire il contratto di settore maggiormente applicato si debba guardare al numero di aziende che applicano il CCNL o al numero di lavoratori interessati da quel CCNL, e se, nel caso di imprese che svolgono più attività, si debba guardare all’attività prevalente per individuare il CCNL da applicare. La corretta applicazione del CCNL è importante anche ai fini della determinazione del costo del lavoro.

Queste criticità meritano senz’altro dei chiarimenti di cui dobbiamo restare in attesa.

Il Decreto-legge introduce anche un’altra importante novità: la responsabilità solidale retributiva e contributiva trova applicazione anche nelle ipotesi di illiceità della somministrazione, dell’appalto e del distacco di cui all’art. 18, commi 2 e 5-bis, dello stesso D.Lgs. n. 276/2003. L’obbligazione solidale riguarda il fatto che il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento.

Al fine di rafforzare le misure di contrasto del lavoro irregolare negli appalti e subappalti di opere e servizi sono infine state introdotte sanzioni più pesanti rispetto alla sanzione amministrativa, segnando un ritorno al passato: per l’appalto “non genuino” viene infatti reintrodotto il reato di somministrazione illecita di manodopera, che punisce il somministratore e l’utilizzatore con la pena dell’arresto fino a un mese o l’ammenda di 60 euro per ciascun lavoratore coinvolto e ciascun giorno di somministrazione.  

Si fa presente che alle stesse conseguenze sanzionatore va incontro anche chi trasgredisce le norme sul distacco di personale. In pratica, dunque, a prescindere dallo schema giuridico formalmente utilizzato, si concretizza il reato di somministrazione illecita tutte le volte che viene effettuata una mera fornitura di manodopera da parte di soggetti non preventivamente autorizzati dal Ministero del Lavoro.

Lo Studio resta a disposizione.

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