L’attività normativa prodotta dal Legislatore in materia di controversie individuali di lavoro ai sensi dell’art. 409 c.p.c. è intervenuta negli ultimi anni, per deflazionare i conflitti dinnanzi al giudice del lavoro e per favorire accordi extragiudiziali.
Così è stato in materia di licenziamenti, con il tentativo obbligatorio di conciliazione introdotto dalla legge 92/2012 (c.d. riforma Fornero), e poi ancora con l’offerta di conciliazione proposta dal datore di lavoro in cambio della rinuncia del lavoratore all’impugnazione del licenziamento ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. 23/2015 (c.d. Jobs Act); così è avvenuto anche in materia di prestazioni di lavoro, con la modifica dell’art. 2103 c.c. e la possibilità, ai sensi del 6° comma, di sottoscrivere accordi di conciliazione di modifica delle mansioni, della categoria legale e del livello di inquadramento e relativa retribuzione anche con ipotesi di inquadramento a livelli inferiori.
In tutte queste situazioni le parti sono reciprocamente garantite dagli accordi sottoscritti in sede protetta, qual è quella individuata dall’art. 2113 c.c. in materia di rinunce e transazioni intervenute ai sensi degli articoli 410, 411, 412 ter e quater c.p.c.
Tuttavia, i tribunali, al fine di garantire i lavoratori sulla portata delle rinunce che sottoscrivono a vantaggio dei datori di lavoro, si sono espressi nel senso di prevedere garanzie sostanziali, atte ad assicurarli sull’effettività della volontà espressa negli accordi firmati in sede protetta.
Ed è proprio su questa locuzione (sede protetta) che è intervenuta la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10065 del 15 aprile 2024, che fornisce alcune importanti precisazioni che riguardano la scelta del luogo di stipula dell’accordo di conciliazione in materia di lavoro nell’ambito delle conciliazioni che avvengono in “sede sindacale” ai sensi dell’art. 411 c.p.c.
Perché l’accordo sia valido la Corte ha stabilito che la sede non possa essere quella aziendale in quanto la presenza del rappresentante sindacale presso i locali aziendali non è sufficiente a garantire carattere di neutralità indispensabile affinché la volontà del lavoratore sia liberamente determinata.
Per meglio comprendere la sentenza citata si propone il seguente approfondimento:
L’articolo 2113 c.c. prevede che le rinunce e le transazioni che riguardano i diritti indisponibili del lavoratore, vale a dire diritti meritevoli di tutela da parte della Costituzione e della legge in quanto relativi alla salute, alla sicurezza e al recupero psico fisico del lavoratore, non sono valide.
Il medesimo articolo al comma quattro stabilisce però che, qualora la volontà delle parti sia espressa all’interno di sedi conciliative, tali rinunce e transazioni possono ritenersi valide.
Le sedi protette individuate sono la sede giudiziale, le commissioni di conciliazione istituite presso l’ITL, le commissioni istituite in sede sindacale e i collegi di conciliazione e arbitrato.
In questi casi la posizione del lavoratore si ritiene adeguatamente protetta nei confronti del datore di lavoro per effetto dell’intervento di una terza figura in funzione garantista.
Nel caso oggetto della citata sentenza, i lavoratori di una società avevano firmato un verbale di conciliazione rinunciando al 20% della retribuzione allo scopo di evitare il rischio di licenziamento.
L’articolo 2103 c.c. rende legittima la riduzione della retribuzione se conclusa al fine di garantire la conservazione del posto di lavoro del lavoratore, purché tale accordo venga stipulato nelle sedi di cui all’articolo 2113 c.c. o presso le commissioni di conciliazione.
La sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha stabilito che i luoghi selezionati dal legislatore hanno carattere tassativo e non ammettono, pertanto, equipollenti in ragione della finalità di assicurare al lavoratore un ambiente neutro, estraneo al dominio e all’influenza della controparte datoriale.
In conseguenza di ciò il verbale stipulato all’interno della sede aziendale, come nel caso esaminato, non viene ritenuto valido, nonostante la presenza necessaria della rappresentanza sindacale con l’obiettivo di fornire assistenza effettiva e di porre il lavoratore nella condizione di sapere a quale diritto rinuncia e in che misura.
Lo Studio resta a disposizione.