Utilizzo strumenti lavoratore

Nell’epoca della digitalizzazione, sempre più tipologie di attività lavorative prevedono l’utilizzo di strumenti elettronici/digitali che, generalmente, vengono messi a disposizione dei lavoratori per svolgere la propria attività, quali ad esempio smartphone, pc o tablet.

Una delle richieste che recentemente ci è stata rivolta è la seguente: è possibile controllare la prestazione lavorativa attraverso gli strumenti che vengono forniti ai lavoratori? In caso affermativo, fino a che livello possono arrivare i controlli del datore di lavoro? 

Cerchiamo di fare chiarezza

Il primo aspetto da verificare è se i lavoratori utilizzino strumenti tecnologici propri e per uso personale (telefono, tablet, pc) oppure quelli di proprietà della società e messi a disposizione per svolgere un’attività lavorativa.

Se fossero strumenti di proprietà del lavoratore, nel caso in cui venissero utilizzati durante l’orario di lavoro per motivi che non riguardano la sfera lavorativa, verrebbe commessa una violazione ex art. 2104 c.c., non essendo rispettata la diligenza richiesta nel rispetto del rapporto di lavoro.

In tal caso, seppur possa risultare complesso effettuare un controllo sistematico rispetto a tali comportamenti (salvo che l’attività non lasci traccia di pubblica evidenza, come nel caso dell’utilizzo dei social) è sempre possibile attivare una procedura disciplinare nei confronti del lavoratore per la violazione degli obblighi previsti per il corretto svolgimento dell’attività lavorativa.

Diversa è la situazione in cui il lavoratore si trovi ad utilizzare strumenti di proprietà dell’impresa e messi a sua disposizione per lo svolgimento dell’attività lavorativa; in tal caso, occorre effettuare alcune precisazioni.

CONTROLLI A DISTANZA DEI LAVORATORI

I controlli a distanza sono regolamentati dall’art. 4 l. 300/1970 (statuto dei lavoratori) intitolato impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo”, il quale pone le fondamenta normative per la trattazione del caso proposto.

Infatti, il comma 2 del citato articolo prevede che gli obblighi di informazione e autorizzazione per l’utilizzo o l’installazione di strumenti dai quali possa derivare un controllo a distanza dell’attività dei lavoratori… “non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze”.

Il comma 3 prosegue affermando che “le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”.

In sostanza, attraverso l’uso degli strumenti (di proprietà dell’impresa) utilizzati da parte dei lavoratori per rendere la prestazione lavorativa è possibile raccogliere informazioni da utilizzare a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro (anche disciplinari) senza dover chiedere preventivamente alcuna autorizzazione, come invece accade, ad esempio, per gli impianti di video sorveglianza.

L’INFORMATIVA AI DIPENDENTI E IL RISPETTO DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI PRIVACY

Il datore di lavoro che intende riservarsi di controllare l’effettivo adempimento della prestazione lavorativa attraverso i dispositivi e, se necessario, anche il corretto utilizzo degli strumenti di lavoro, deve necessariamente regolamentare a priori le regole per l’utilizzo degli strumenti utilizzati, al fine di poter intervenire con provvedimenti disciplinari.

A tal proposito, quindi, per poter controllare la prestazione dei lavoratori e poter utilizzare le informazioni raccolte anche ai fini disciplinari, è opportuno predisporre un’informativa che preveda:

  • l’individuazione delle attività vietate nell’utilizzo degli strumenti messi a disposizione per lo svolgimento della prestazione lavorativa;
  • l’individuazione delle attività eventualmente ammesse per scopo privato;
  • i controlli che può effettuare il datore di lavoro e le modalità con cui vengono compiuti;
  • i provvedimenti disciplinari che possono essere adottati in violazione delle disposizioni definite dal datore di lavoro.

L’informativa e il trattamento dei dati devono essere compiute nel rispetto della normativa in materia di privacy che, sulla base delle linee guida fornite dal Garante per la privacy, dovrà prevedere in modo chiaro in che misura e in quale modalità vengono effettuati i controlli, nel rispetto della libertà e della dignità dei lavoratori.

In particolare, non può ritenersi consentito il trattamento effettuato mediante hardware o software attraverso i quali sia possibile ricostruire l’attività dei lavoratori in modo specifico, verificando, ad esempio, la cronologia di navigazione.

Nell’ambito dei controlli che possono essere effettuati, occorre inoltre prestare attenzione a non violare la disposizione di cui all’art. 8 l. 300/1970, il quale prevede che “è fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell’assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore.”

IL CASO PRATICO

Un imprenditore ci ha contattati lamentando che i suoi lavoratori utilizzano i dispositivi aziendali per accedere ai social durante l’orario di lavoro.

Nel fornire il necessario supporto, illustrando l’ambito normativo in cui ci si trova ad operare, è stata proposta una comunicazione che prevede, in modo specifico, i divieti previsti nell’utilizzo degli strumenti aziendali, i controlli che vengono effettuati sull’utilizzo degli strumenti e la modalità con cui vengono effettuati i controlli.

In particolare, si è stabilito che i controlli possano avvenire solamente laddove sia rilevato un notevole “sforamento” di traffico dati, rilevabile attraverso un primo controllo effettuato in modalità anonima.

Questa tipologia di controllo può essere considerata nel totale rispetto della libertà e dignità del lavoratore.

Resta pacifico che, se un lavoratore lascia traccia di attività svolta sul web, che possa essere di “pubblica conoscibilità” durante l’orario di lavoro, il lavoratore sarà sempre passibile di procedimento disciplinare, indipendentemente dal fatto che l’attività sia svolta con lo strumento aziendale oppure con lo strumento privato, trattandosi di un’evidente violazione degli obblighi che derivano dalla costituzione del rapporto di lavoro.

Si sottolinea il ruolo fondamentale che ricade sulla comunicazione da effettuare ai lavoratori; infatti, la mancanza dell’informativa, oppure la presenza di un’informativa che non rispetti le indicazioni del Garante per la privacy, può rendere il dato raccolto inutilizzabile ai fini disciplinari ed esporre il datore di lavoro alle gravi conseguenze che possono scaturire dalla violazione della normativa in materia di privacy.  

Lo studio rimane a disposizione

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