Il Tribunale di Padova con la sentenza del 3 marzo 2023 ha considerato determinante, ai fini dell’individuazione del datore di lavoro, l’aspetto tecnologico che caratterizza la gestione dei lavoratori impiegati in un magazzino automatizzato ad alta tecnologia, i quali svolgono la loro attività seguendo gli ordini che ricevono da un sofisticato sistema informatico.
Il Tribunale ha accertato che 15 dipendenti occupati presso un magazzino logistico sito in provincia di Padova e formalmente dipendenti di una cooperativa che lavora in appalto, sono in realtà subordinati al potere direttivo della società committente che, nel caso di specie, è una ditta concessionaria del marchio Despar nel Triveneto.
Il sofisticato sistema informatico funziona inviando ai dipendenti della cooperativa, tramite cuffia, tutte le singole operazioni che devono svolgere. La sentenza è innovativa perché considera la tecnologia non un elemento neutro, ma evidenzia come il suo impiego qualifichi il soggetto che la sta utilizzando come il reale datore di lavoro, essendo colui che sta dirigendo il lavoro dei dipendenti della cooperativa.
I giudici del tribunale di Padova hanno affermato il principio secondo il quale quei lavoratori sono in realtà dipendenti del committente: chi governa questa tecnologia ne deve portare la responsabilità, con la conseguenza che l’appalto è illecito.
Durante il processo i dipendenti della cooperativa hanno denunciato non solo il fatto di essere assoggettati al potere direttivo del committente ma anche al potere di controllo.
In particolare, l’azienda committente aveva fornito ai lavoratori un terminale mobile col quale inviava tutte le istruzioni operative ed un sistema di cuffie e microfono, tramite cui il prestatore (dotato di apposito codice identificativo) doveva comunicare ogni singola operazione di prelievo e movimentazione della merce ad un operatore automatico.
Secondo la sentenza, sulla base delle testimonianze dei lavoratori, sono emersi due elementi che conducono ad un giudizio di illiceità dell’appalto:
– la circostanza che le istruzioni di lavoro pervenissero agli addetti tramite messaggi governati dal software della società committente;
– il fatto che la raccolta dei dati inerenti le operazioni compiute dai singoli lavoratori sia stata svolta in maniera tale da tradursi in un potenziale controllo a distanza degli stessi, costituendo un ulteriore manifestazione di un potere datoriale.
Il Tribunale di Padova ha dunque trattato questo caso con un approccio innovativo che tiene conto che la nozione di subordinazione risente dell’evoluzione tecnologica che, specie nei settori c.d. “labour intensive”, ha rimesso alle macchine la guida intelligente del processo produttivo.
Lo studio rimane a disposizione.