Il rimborso chilometrico
L’art. 51, comma 1, Tuir prevede che “il reddito da lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”.
Tale disposizione sancisce il principio di onnicomprensività del reddito di lavoro dipendente, cioè la totale imponibilità di tutto ciò che il dipendente riceve “in relazione al rapporto di lavoro”.
Il comma 5 dell’art. 51 citato prevede una deroga espressa a tale principio, prevedendo che le indennità di trasferta erogate al lavoratore dipendente per la prestazione dell’attività fuori dalla sede di lavoro e i rimborsi delle spese sostenute in occasioni di tali trasferte, devono essere considerate esenti sotto il profilo contributivo e fiscale, purché l’attività sia svolta in un comune diverso da quello in cui è stabilita la sede dell’attività.
Soffermandoci sulle indennità di rimborso chilometrico, l’Amministrazione finanziaria ha più volte ribadito che queste sono da considerare esenti quando sono “idoneamente documentate”, cioè sulla base dell’effettiva percorrenza, del costo effettivamente sostenuto per chilometro e del veicolo del lavoratore. Le tariffe da considerare per i rimborsi possono essere concordate tra datore di lavoro e lavoratore in sede di contrattazione individuale o collettiva, anche se nella maggior parte dei casi si applicano le tariffe stabilite dall’Aci, che tengono in considerazione l’esatto tipo di modello di autovettura utilizzato.
Tuttavia, dottrina e giurisprudenza hanno da sempre privilegiato l’utilizzo delle tabelle Aci, poiché permettono di “documentare idoneamente” i costi effettivi dell’utilizzo dell’auto e mettono al riparo dall’uso dei rimborsi chilometrici per fini elusivi.
Il rimborso chilometrico per il tragitto casa-lavoro
Con risoluzione n. 92/E del 2015, l’Agenzia si è espressa sull’indennità chilometrica corrisposta al lavoratore per il tragitto sede di lavoro – località di missione e su quella corrisposta per il tragitto domicilio – località di missione.
La questione si è posta poiché la trasferta è identificata come spostamento dal luogo di lavoro valutato rispetto alla normale sede di svolgimento dell’attività lavorativa, non rispetto al domicilio del dipendente.
Premesso che per definire il corretto trattamento di imposizione fiscale e contributiva occorre stabilire se la missione è compiuta al di fuori del comune rispetto al luogo abituale di lavoro, l’Agenzia delle entrate ha precisato che:
- Se la distanza percorsa, dal domicilio alla sede di missione, è inferiore rispetto a quella calcolata dalla sede di servizio, il rimborso chilometrico è da considerarsi completamente non imponibile ai sensi dell’art. 51, c. 5, secondo periodo del Tuir;
- Se la distanza percorsa, dal proprio domicilio alla sede di missione, è maggiore rispetto a quella calcolata dalla sede di servizio, il rimborso chilometrico sarà trattato in parte come esente, in parte come imponibile. In particolare:
- Il tratto calcolato dal domicilio alla sede di lavoro sarà considerato come imponibile;
- Il tratto calcolato dalla sede di lavoro alla sede di missione sarà considerato come esente;
Il rimborso chilometrico per tragitto casa lavoro, quando può essere considerato esente? Il caso.
Con ordinanza n. 23634 del 28/07/2022, la Corte di Cassazione è intervenuta in merito al caso riguardante un medico specialista professionista, il quale ha svolto il suo incarico presso ambulatori esterni al comune di residenza, per il quale l’Asl ha applicato le ritenute fiscali e contributive sulle spese di viaggio rimborsate ogni mese unitamente allo stipendio.
Il medico ha presentato ricorso affinché i rimborsi chilometrici fossero considerati come esenti, in modo da ottenere la restituzione delle trattenute applicate.
La Corte si è espressa affermando che “le somme corrisposte per spese di viaggio effettivamente sostenute per lo svolgimento dell’incarico di medico specialista presso gli ambulatori esterni al comune di residenza sono percepite a titolo di rimborsi spesa, sicché hanno funzione restitutoria e di ripristino del patrimonio del prestatore d’opera e non sono assimilabili alla retribuzione, né assoggettabili ad imposta, poiché la loro quantificazione è determinata non con il criterio forfettario, ma con specifica parametrazione al chilometraggio percorso ed al costo del carburante rilevato”.
Il medico ha così vinto il ricorso ottenendo il rimborso di quanto trattenuto dall’Asl.
Il caso di esenzione rimane quindi isolato alla sola fattispecie specificamente individuata dalla giurisprudenza, riguardante il rimborso erogato al prestatore d’opera, medico professionista, nello svolgimento della libera professione.
Come deve essere trattato il rimborso chilometrico per il lavoratore in smart working?
La normativa fiscale in materia di rimborsi per i lavoratori in smart working è ancora controversa, in quanto l’Amministrazione finanziaria ha fornito indicazioni solo per alcuni aspetti riguardanti il trattamento fiscale dei rimborsi delle spese per tali lavoratori.
Infatti, l’Agenzia delle Entrate, ha fornito indicazioni specifiche per l’erogazione dei buoni pasto e per il rimborso delle spese delle utenze domestiche durante l’attività prestata in modalità agile, illustrando i criteri da seguire per considerare tali rimborsi non imputabili sotto il profilo fiscale e contributivo.
Per ciò che riguarda i rimborsi chilometrici, invece, in assenza di specifiche indicazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria, occorre fare una valutazione più specifica, sulla base dei criteri già espressi dall’Agenzia delle Entrate.
Posto il fatto che lo smart working necessita di una regolamentazione specifica, da attuare anche attraverso l’accordo individuale, sarebbe possibile ritenere che, qualora le parti definissero nell’accordo di smart working un luogo di lavoro prevalente, come ad esempio il domicilio, questo potrebbe diventare la sede di lavoro abituale e fungere da riferimento per ciò che concerne il rimborso chilometrico.
Se così fosse, ogni qualvolta il lavoratore si trovasse a dover utilizzare il proprio mezzo per effettuare spostamenti dal proprio domicilio/sede di lavoro al luogo della missione (fuori comune), le indennità erogate e “idoneamente documentate”, potrebbero essere considerate esenti, in considerazione dei principi già illustrati.
Al contrario, nel caso in cui non venisse adottata una puntuale e specifica contrattazione individuale, o collettiva, in merito allo smart working e al luogo di lavoro prevalente, la sede di lavoro individuata nel contratto di assunzione resterebbe la “sede di servizio” e pertanto i rimborsi per il tragitto domicilio-lavoro non potrebbero in alcun modo essere considerati non imponibili sotto il profilo contributivo e fiscale.
Sarebbe opportuno un intervento interpretativo in materia da parte dell’Amministrazione finanziaria, al fine di derimere i dubbi che permangono riguardo ai rimborsi chilometrici esenti per i lavoratori in smart working.
Lo studio rimane a disposizione.