Si desidera dare evidenza di una sentenza che è intervenuta in materia di assoggettamento contributivo del trattamento di fine rapporto.
In particolare, si tratta della pronuncia della Corte di Cassazione, sez. lavoro, n. 4670 del 22 febbraio 2021, con la quale la suprema corte è intervenuta su una questione che riguarda l’anticipo del TFR, la cui disciplina è contenuta nell’art. 2120 c.c.
In particolare, il 6° comma prevede che il lavoratore dipendente con almeno otto anni di servizio prestati presso lo stesso datore di lavoro (anzianità che può essere raggiunta anche per effetto di trasferimento d’azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c.) può chiedere un’anticipazione non superiore al 70% sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto di lavoro alla data della richiesta.
L’ origine del TFR risale al 1927 quando il legislatore ha inteso creare le condizioni per accantonare una somma, nel corso della vita lavorativa e nell’ambito di ogni singolo rapporto di lavoro, che effettivamente fosse nelle disponibilità del lavoratore all’atto della cessazione del rapporto di lavoro. Tale trattamento rappresenta infatti un compenso differito al momento della cessazione del rapporto di lavoro, al fine di favorire il lavoratore per superare le difficoltà economiche connesse con il venir meno della retribuzione.
Con la riforma “Dini” del 1995 del sistema pensionistico pubblico e complementare, il TFR ha assolto anche ad una diversa funzione: finanziare il trattamento di pensione rafforzando la tutela pensionistica attraverso il suo conferimento alla previdenza complementare. Tale scelta è coerente anche con il cambiamento sociale nel mondo del lavoro, essendo di maggiore evidenza la criticità che accompagna le attuali generazioni di lavoratori dipendenti in un percorso di maggior frammentazione di rapporti di lavoro che, tuttavia, non ha fatto venir meno la ratio della norma di cui all’art. 2120 c.c.
Ed infatti, la Cassazione, con la sentenza richiamata, afferma il principio secondo il quale l’anticipazione del TFR rappresenta una particolarità ancorata alla sussistenza dei requisiti prescritti dall’art. 2120 c.c. Pertanto, la possibilità di ottenere l’anticipazione è subordinata alle seguenti condizioni:
- il lavoratore deve avere maturato almeno 8 anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro (art. 2120 c.c., c. 6);
- l’anticipazione deve essere contenuta nei limiti del 70 % del trattamento spettante nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta (art. 2120 c.c., c. 6);
- l’anticipazione deve essere altresì contenuta nei limiti del 10 % degli aventi titolo e, comunque, del 4 % del numero totale dei dipendenti (art. 2120 c.c., c. 7); a tale proposito, si segnala la sentenza della Cassazione n. 2749 del 6.3.1992 che ha escluso dal regime di anticipazione del TFR le aziende con un esiguo numero di dipendenti, argomentando sia sul tenore letterale della norma, che, imponendo il limite del 4 % del totale dei dipendenti, postula una presenza di questi nella misura di almeno 25 unità, sia sulla ratio, intesa a non privare le imprese suddette di una fonte di finanziamento, alla cui utilizzazione sono preordinati gli accantonamenti annuali del TFR;
- l’anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro (art. 2120 c.c., c. 9).
La richiesta deve essere giustificata dalla necessità di:
- eventuali spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche (art. 2120 c.c., c. 8 lett. a);
- acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile (art. 2120 c.c., c. 8 lett. b); il diritto all’anticipazione sussiste anche nel caso di acquisto da parte del coniuge ove vi sia comunione dei beni (Cass. 3.12.1994, n. 10371);
- eventuali spese da sostenere durante i periodi di fruizione dei congedi parentali e per formazione del lavoratore (art. 5 D.Lgs. 151/2001 e art. 7 Legge 53/2000). Si tratta dei congedi per astensione facoltativa dei genitori o per malattia del bambino e dei congedi per conseguimento dei titoli di studio o partecipazione ad attività formative extra – aziendali o per la c.d. formazione continua. Alcuni di tali congedi, infatti, non sono retribuiti o sono retribuiti solo in parte, sicché tra le “spese da sostenere durante i periodi di fruizione dei congedi” possono rientrare anche quelle per il sostentamento del lavoratore e della sua famiglia.
Tuttavia, condizioni di miglior favore possono essere previste dai contratti collettivi o da patti individuali. I contratti collettivi possono altresì stabilire criteri di priorità per l’accoglimento delle richieste di anticipazione (art. 2120 c.c., c. 11).
In altri termini, un’anticipazione del TFR che avvenga in assenza degli elementi giustificativi dettati dalla norma o individuati dalla contrattazione collettiva o da accordi individuali, costituisce per l’INPS un importo che deve essere assoggettato all’imposizione contributiva.
Sono quindi da sconsigliare alcune prassi aziendali che prevedono, per le aziende che non sono tenute al versamento del TFR al fondo di tesoreria dell’INPS (si tratta delle aziende con meno di 50 dipendenti), l’erogazione mensile del TFR, pari alla quota che si sarebbe accantonata.
Così pure, sono da evitare anticipazioni date senza un’espressa richiesta del dipendente, risultante da un documento scritto, e documentazione probante la giustificazione.
Lo studio rimane a disposizione.