Al fine di agevolare la conciliazione dei tempi di vita e lavoro, è possibile ricorrere allo smart working come modalità particolare di esecuzione della prestazione lavorativa.
Il datore di lavoro e il lavoratore siglano un accordo con il quale viene stabilito che la prestazione lavorativa viene svolta in parte all’interno e in parte all’esterno dell’azienda con l’eventuale utilizzo di strumenti tecnologici, senza una rigida predeterminazione di orario di lavoro e di un luogo di lavoro definito. Il lavoratore è infatti libero di individuare il luogo ove svolgere la prestazione in modalità agile purché lo stesso abbia caratteristiche tali da consentire la regolare esecuzione della prestazione, in condizioni di sicurezza e riservatezza.
Per tali ragioni, vista la particolare modalità di esecuzione dell’attività lavorativa prevista nello smart working si ritiene necessario analizzare il riflesso che la stessa ha nei controlli che il datore di lavoro può effettuare sul lavoro del dipendente.
Il riferimento normativo dal quale partire per analizzare la questione è l’articolo 4 della Legge 300/1970, secondo cui gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere installati, previo accordo con RSA o RSU, o, in alternativa, previa autorizzazione dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro, negli specifici casi di:
- Esigenze organizzative e produttive
- Tutela della sicurezza del lavoro
- Tutela del patrimonio aziendale
Quando il datore di lavoro ha adempiuto agli obblighi di richiesta dell’autorizzazione, dando inoltre informativa al lavoratore circa le modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli nel rispetto di quanto stabilito dal Garante della Privacy, le informazioni di cui viene in possesso possono essere utilizzate anche a fini disciplinari nei confronti del dipendente.
L’accordo sindacale o l’autorizzazione dell’ITL non sono però necessari quando si tratta di strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa.
Dal momento che gli strumenti tipici del lavoro a distanza sono costituiti da apparecchi hardware (computer, laptop, notebook, smartphone…) il datore di lavoro può riservarsi la facoltà di controllare che vi sia un utilizzo corretto e non pregiudizievole della strumentazione data, al fine di tutelare il patrimonio aziendale verificando, per esempio, che i dati disponibili attraverso un dispositivo elettronico, siano conservati correttamente o non divulgati.
E’ tuttavia necessario che il datore di lavoro informi i propri dipendenti delle azioni e dei controlli che potrà effettuare attraverso una preventiva comunicazione che viene di norma riportata nel contratto di smart working. Tale informativa potrà richiamare anche l’apparato sanzionatorio che sarà applicato in caso di violazione delle disposizioni aziendali sulla tutela e sulla conservazione dei dati.
E’ dunque importante fornire informazioni circa il corretto utilizzo della linea internet, le modalità di svolgimento dei controlli, le limitazioni d’uso della casella di posta elettronica aziendale e le possibili conseguenze disciplinari.
In concreto dunque, il controllo a distanza nei confronti di un lavoratore che svolge la propria attività nella modalità di smart working, consiste in azioni di protezione e riservatezza dei dati e delle informazioni aziendali in proprio possesso e disponibili sul sistema informativo aziendale.
Il datore di lavoro è tenuto a fornire al lavoratore agile le istruzioni e l’indicazione delle misure di sicurezza che lo stesso deve osservare per garantire protezione, segretezza e riservatezza delle informazioni che egli tratta per fini professionali, ed il lavoratore è conseguentemente tenuto a trattare i dati personali di cui viene in possesso per fini professionali in conformità alle istruzioni fornite dal datore di lavoro.
La violazione di tale obbligo integra una fattispecie punibile disciplinarmente e il lavoratore deve dunque indicare le modalità con le quali può effettuare controlli, posto che l’accertamento della violazione può avvenire da remoto anche con controlli a distanza nel caso in cui la condotta del dipendente non rispetti l’adozione di sistemi di autenticazione e VPN (servizio di protezione dei dati), la definizione di piani di backup (sistema per la messa in sicurezza delle informazioni) e protezione malware (software con intenzioni malevoli).
Altre e più puntuali informazioni in materia di lavoro agile sono contenute nel Protocollo Nazionale del 7 dicembre 2021 promosso dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali nel confronto con le parti sociali che alleghiamo alla presente.
Lo Studio resta a disposizione.